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27 Febbraio 2022 – VIII Domenica del T.O.

Omelia di don Mario Testa, Santa Messa del 27 Febbraio ore 18.00 >>>

Omelia di don Mario Testa, Santa Messa del 26 Febbraio ore 18.00 >>>

Vangelo

La bocca esprime ciò che dal cuore sovrabbonda.

Dal Vangelo secondo Luca
Lc 6,39-45

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli una parabola:
«Può forse un cieco guidare un altro cieco? Non cadranno tutti e due in un fosso? Un discepolo non è più del maestro; ma ognuno, che sia ben preparato, sarà come il suo maestro.
Perché guardi la pagliuzza che è nell’occhio del tuo fratello e non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio? Come puoi dire al tuo fratello: “Fratello, lascia che tolga la pagliuzza che è nel tuo occhio”, mentre tu stesso non vedi la trave che è nel tuo occhio? Ipocrita! Togli prima la trave dal tuo occhio e allora ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall’occhio del tuo fratello.
Non vi è albero buono che produca un frutto cattivo, né vi è d’altronde albero cattivo che produca un frutto buono. Ogni albero infatti si riconosce dal suo frutto: non si raccolgono fichi dagli spini, né si vendemmia uva da un rovo. L’uomo buono dal buon tesoro del suo cuore trae fuori il bene; l’uomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae fuori il male: la sua bocca infatti esprime ciò che dal cuore sovrabbonda».


Ermes Maria Ronchi, su Avvenire: Chi non ama vede solo il male attorno a sé >>>

Perché guardi la pagliuzza che è nell’occhio di tuo fratello? Notiamo la precisione del verbo: perché “guardi”, e non semplicemente “vedi”; perché osservi, fissi lo sguardo su pagliuzze, sciocchezze, piccole cose storte, scruti l’ombra anziché la luce di quell’occhio? Con una sorta di piacere maligno a ricercare ed evidenziare il punto debole dell’altro, a godere dei suoi difetti. Quasi a giustificare i tuoi. Un motivo c’è: chi non vuole bene a se stesso, vede solo male attorno a sé; chi non sta bene con sé, sta male anche con gli altri. Invece colui che è riconciliato con il suo profondo, guarda l’altro con benedizione. Con sguardo benedicente. Dio guardò e vide che tutto era cosa molto buona (Gen 1,31). Il Dio biblico è un Dio felice, che non solo vede il bene, ma lo emana, perché ha un cuore di luce e il suo occhio buono è come una lampada, dove si posa diffonde luce (Mt 6,22). Un occhio cattivo invece emana oscurità, moltiplica pagliuzze, diffonde amore per l’ombra. Alza una trave davanti al sole. …


Luciano Manicardi, monastero di Bose: Vedi come parli >>>

L’odierna pagina evangelica (Lc 6,39-45) contiene parole di Gesù rivolte ai suoi discepoli: i destinatari del suo parlare sono ancora i “voi che ascoltate” di Lc 6,27. Luca riunisce qui detti e parole di Gesù che nel vangelo secondo Matteo hanno collocazioni diverse e rivestono anche significati differenti. Il detto proverbiale riguardante i ciechi che guidano altri ciechi lo troviamo in Mt 15,14 riferito ai farisei (cf. Mt 15,12-14). In Luca (6,39) il discorso si rivolge all’interno della comunità cristiana. Il detto sul discepolo e il suo maestro si trova anche in Matteo, ma inserito all’interno del discorso missionario (Mt 10,24-25) e riflette l’idea giudaica che un discepolo non è chiamato a “superare” il maestro, ma ad assomigliargli attraverso l’acquisizione dell’insegnamento da lui trasmesso. In Luca (6,40), la sottolineatura sulla necessaria “formazione” del discepolo apre uno spiraglio sulla vita di una comunità cristiana all’epoca dell’evangelista Luca e sull’attività catechetica che vi si svolgeva. …


Gesuiti Villapizzone, Milano ( http://www.gesuiti-villapizzone.it/sito/lectio/vangeli.html

Diventate misericordiosi come il Padre vostro
Gesù ci propone di diventare ciò che siamo: figli di Dio, nostro
Padre. La sua qualità fondamentale è quella di essere
misericordioso (= uterino) come la madre, che sempre accoglie
i suoi figli. Leggo con cura ogni parola: è l’autobiografia di
Gesù: dice ciò che lui fa per me, perché anch’io possa farlo con
gli altri. I vv. 27-35 parlano dell’amore per i nemici.

 

Lc 6,27-35  

 

20 Febbraio 2022 – VII Domenica del T.O.

Omelia di don Mario Testa, Santa Messa del 20 Febbraio ore 18.00 >>>

Vangelo

Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso.

Dal Vangelo secondo Luca
Lc 6,27-38

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: “A voi che ascoltate, io dico: amate i vostri nemici, fate del bene a quelli che vi odiano, benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi trattano male. A chi ti percuote sulla guancia, offri anche l’altra; a chi ti strappa il mantello, non rifiutare neanche la tunica. Da’ a chiunque ti chiede, e a chi prende le cose tue, non chiederle indietro.
E come volete che gli uomini facciano a voi, così anche voi fate a loro.
Se amate quelli che vi amano, quale gratitudine vi è dovuta? Anche i peccatori amano quelli che li amano. E se fate del bene a coloro che fanno del bene a voi, quale gratitudine vi è dovuta? Anche i peccatori fanno lo stesso. E se prestate a coloro da cui sperate ricevere, quale gratitudine vi è dovuta? Anche i peccatori concedono prestiti ai peccatori per riceverne altrettanto. Amate invece i vostri nemici, fate del bene e prestate senza sperarne nulla, e la vostra ricompensa sarà grande e sarete figli dell’Altissimo, perché egli è benevolo verso gl’ingrati e i malvagi.
Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso .
Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e sarete perdonati. Date e vi sarà dato: una misura buona, pigiata, colma e traboccante vi sarà versata nel grembo, perché con la misura con la quale misurate, sarà misurato a voi in cambio”.


Ermes Maria Ronchi, su Avvenire: Dare e avere. I conti di Dio non sono come i nostri >>>

Domenica scorsa Gesù aveva proiettato nel cielo della pianura umana un sogno: beati voi poveri, guai a voi ricchi; oggi sgrana un rosario di verbi esplosivi. Amate è il primo; e poi fate del bene, benedite, pregate. E noi pensiamo: fin qui va bene, sono cose buone, ci sta. Ma quello che mi scarnifica, i quattro chiodi della crocifissione, è l’elenco dei destinatari: amate i vostri nemici, i vostri odiatori, gli infamanti, gli sparlatori. Gli inamabili. Poi Gesù, per sgombrare il campo da ogni equivoco, mi guarda negli occhi, si rivolge a me, dice al singolare: “tu”, dopo il “voi” generico. E sono altre quattro cicatrici da togliere il fiato: porgi l’altra guancia, non rifiutare, dà, non chiedere indietro. …


Luciano Manicardi, monastero di Bose: Mentre eravamo nemici >>>

Dopo aver pronunciato i “guai” rivolti a ricchi e gaudenti (Lc 6,24-26), Gesù imprime una brusca sterzata al suo discorso rivolgendosi a folle e discepoli che lo stanno ascoltando e indicando loro la “via altra”, che è anche la “via alta”, sublime e difficile, di chi è chiamato a essere “misericordioso come il Padre è misericordioso” (Lc 6,36). L’avversativa forte posta all’inizio del v. 27 (“Ma a voi che ascoltate io dico”, eco in realtà ben più forte del “ma io vi dico” del discorso della montagna di Matteo) dice l’alterità che il cristiano è chiamato a narrare nella sua vita. Questa alterità è la santità contenuta nella vocazione cristiana. Al cuore di tale santità-alterità vi è l’amore per il nemico: “Amate i vostri nemici” (Lc 6.27.35) è il comando che contiene in inclusione l’intero passo di Lc 6,27-35). Questo amore è di per sé un’avversativa mite e potentissima nei confronti del sentire e pensare mondano. Il nemico è specificato come colui che odia, maledice, maltratta ed esprime la sua inimicizia con la violenza fisica, con il furto, con la richiesta e la pretesa. Ovviamente l’inimicizia trova infiniti altri modi di esprimersi, ma l’indicazione che emerge dalle parole di Gesù è: si risponda facendo non-violenza. Non semplicemente con una risposta che non sia violenta, che dunque si sottragga alla specularità ripetitiva del gesto violento subito, ma con un’azione positiva di segno opposto. Così ci si mostra più forti della violenza subita e si passa dalla reazione all’azione: come si comporterà colui che odia e maltratta, che calunnia e pretende, al gesto positivo dell’offeso? Come reagirà di fronte a chi non lo riduce al suo gesto violento, non lo considera odio personificato, ma lo considera una persona e, in obbedienza alla regola d’oro (“Come volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro”: Lc 6,31), gli fa il bene? Amando il nemico gli offro la libertà di essere una persona migliore, di emendarsi dalla violenza: gli dico che può amarsi. ….


Gesuiti Villapizzone, Milano ( http://www.gesuiti-villapizzone.it/sito/lectio/vangeli.html

Diventate misericordiosi come il Padre vostro
Gesù ci propone di diventare ciò che siamo: figli di Dio, nostro
Padre. La sua qualità fondamentale è quella di essere
misericordioso (= uterino) come la madre, che sempre accoglie
i suoi figli. Leggo con cura ogni parola: è l’autobiografia di
Gesù: dice ciò che lui fa per me, perché anch’io possa farlo con
gli altri. I vv. 27-35 parlano dell’amore per i nemici

Lc 6,27-35  

13 Febbraio 2022 – VI Domenica del T.O.

Omelia di don Bernard Tondé, Santa Messa del 13 Febbraio ore 18.00 >>>

Vangelo

Beati i poveri. Guai a voi, ricchi.

Dal Vangelo secondo Luca
Lc 6,17.20-26

In quel tempo, Gesù, disceso con i Dodici, si fermò in un luogo pianeggiante. C’era gran folla di suoi discepoli e gran moltitudine di gente da tutta la Giudea, da Gerusalemme e dal litorale di Tiro e di Sidòne.
Ed egli, alzàti gli occhi verso i suoi discepoli, diceva:
«Beati voi, poveri,
perché vostro è il regno di Dio.
Beati voi, che ora avete fame,
perché sarete saziati.
Beati voi, che ora piangete,
perché riderete.
Beati voi, quando gli uomini vi odieranno e quando vi metteranno al bando e vi insulteranno e disprezzeranno il vostro nome come infame, a causa del Figlio dell’uomo.
Rallegratevi in quel giorno ed esultate,
perché, ecco, la vostra ricompensa è grande nel cielo.
Allo stesso modo infatti agivano
i loro padri con i profeti.
Ma guai a voi, ricchi,
perché avete già ricevuto la vostra consolazione.
Guai a voi, che ora siete sazi,
perché avrete fame.
Guai a voi, che ora ridete,
perché sarete nel dolore e piangerete.
Guai, quando tutti gli uomini diranno bene di voi.
Allo stesso modo infatti agivano i loro padri con i falsi profeti».


Ermes Maria Ronchi, su Avvenire: Dio regala gioia a chi costruisce la pace >>>

…. Se Gesù avesse detto che la povertà è ingiusta, e quindi semplicemente da rimuovere, il suo sarebbe stato l’insegnamento di un uomo saggio attento alle dinamiche sociali (R. Virgili). Ma quell’oracolo profetico, anzi più-che-profetico, quel “beati” che contiene pienezza, felicità, completezza, grazia, incollato a persone affamate e in lacrime, a poveracci, disgraziati, ai bastonati dalla vita, si oppone alla logica, ribalta il mondo, ci obbliga a guardare la storia con gli occhi dei poveri, non dei ricchi, altrimenti non cambierà mai niente.
E ci saremmo aspettati: beati voi perché ci sarà un capovolgimento, un’alternanza, diventerete ricchi. No. Il progetto di Dio è più profondo. Il mondo non sarà reso migliore da coloro che hanno accumulato più denaro. «Il vero problema del mondo non è la povertà, è la ricchezza!

….
Beati voi… Il Vangelo più alternativo che si possa pensare. Manifesto stravolgente e contromano; e, al tempo stesso, vangelo amico. Perché le beatitudini non sono un decreto, un comando da osservare, ma il cuore dell’annuncio di Gesù: sono la bella notizia che Dio regala vita a chi produce amore, Dio regala gioia a chi costruisce pace.
In esse è l’inizio della guarigione del cuore, perché il cuore guarito sia l’inizio della guarigione del mondo.
(Letture: Geremia 17,5-8; Salmo 1; 1 Corinzi 15, 12.16-20; Luca 6, 17.20-26)


Luciano Manicardi, monastero di Bose: I sazi e gli affamati >>>

….

È subito dopo aver costituito il gruppo dei Dodici (Lc 6,12-16) che Gesù pronuncia queste parole che dunque assumono un valore particolarmente significativo nei confronti del gruppo e della vita di quei Dodici “ai quali diede il nome di apostoli” (Lc 6,13). E certo, i Dodici sono destinatari immediati e privilegiati di queste parole (“Alzati gli occhi verso i suoi discepoli, diceva”: Lc 6,20); tuttavia, è una folla numerosa che ascolta questo discorso, folla formata da ebrei e anche da persone provenienti da zone non ebraiche, come le città fenicie di Tiro e di Sidone (Lc 6,17). È evidente che Luca non intende solo mostrare che la fama di Gesù si è estesa al di fuori dei confini di Israele, ma vuole anche prefigurare l’estensione post-pasquale al mondo non ebraico dei gentili del messaggio di salvezza di Gesù. Inoltre, poste immediatamente dopo l’annotazione che la folla “cercava di toccarlo, perché da lui usciva una forza che guariva tutti” (Lc 6,19), le parole di Gesù che propongono beatitudini e guai, intendono far uscire la fede di chi lo segue e lo cerca dalla dimensione magica e interessata. Riportano le folle sulla terra, e dunque sul piano delle scelte e delle responsabilità, dei sì e dei no da dire, dunque degli inevitabili conflitti. Colpisce poi che questo parlare in pubblico di Gesù – tratto caratterizzante la sua attività kerygmatica e pedagogica – non ha il tono di una conferenza ma di una testimonianza e trasmissione di vita. Come già evidenziato nell’episodio dell’omelia di Gesù nella sinagoga di Nazaret (Lc 4,22-30), la parola e la persona di Gesù chiedono un’opzione, uno schierarsi, uno scegliere: e l’adesione a Gesù il Messia suscita una divisione tra gli uditori svelando i pensieri del cuore (cf. Lc 2,34-35). Possiamo dire che la pagina evangelica che mette a diretto confronto, in un brutale vis-à-vis poveri e ricchi, affamati e sazi, afflitti e gaudenti, perseguitati e gente ammirata, lodata e stimata, implica una necessaria scelta di campo, un’opzione che in definitiva è tra l’autosufficienza e la fiducia nel Signore, ovvero tra l’idolatria e la fede. …


Beati i poveri, perché vostro è il regno di Dio

Noi, ascoltando queste parole, “tocchiamo” Gesù e “guariamo”
dalla radice dei nostri mali. Gesù infatti è venuto a portare
l’amore e la vita, che vince l’egoismo e la morte. L’egoista
cerca ricchezze e prende tutto, per dominare sugli altri ed
essere superiore a tutti; chi ama dà tutto, fino a dare se stesso,
e serve gli altri con umiltà…

 

Lc 6,20-26  

6 Febbraio 2022 – V Domenica del T.O.

Vangelo

Lasciarono tutto e lo seguirono.

Dal Vangelo secondo Luca
Lc 5,1-11

In quel tempo, mentre la folla gli faceva ressa attorno per ascoltare la parola di Dio, Gesù, stando presso il lago di Gennèsaret, vide due barche accostate alla sponda. I pescatori erano scesi e lavavano le reti. Salì in una barca, che era di Simone, e lo pregò di scostarsi un poco da terra. Sedette e insegnava alle folle dalla barca.
Quando ebbe finito di parlare, disse a Simone: «Prendi il largo e gettate le vostre reti per la pesca». Simone rispose: «Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti». Fecero così e presero una quantità enorme di pesci e le loro reti quasi si rompevano. Allora fecero cenno ai compagni dell’altra barca, che venissero ad aiutarli. Essi vennero e riempirono tutte e due le barche fino a farle quasi affondare.
Al vedere questo, Simon Pietro si gettò alle ginocchia di Gesù, dicendo: «Signore, allontànati da me, perché sono un peccatore». Lo stupore infatti aveva invaso lui e tutti quelli che erano con lui, per la pesca che avevano fatto; così pure Giacomo e Giovanni, figli di Zebedèo, che erano soci di Simone. Gesù disse a Simone: «Non temere; d’ora in poi sarai pescatore di uomini».
E, tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono.


Ermes Maria Ronchi, su Avvenire: Un sogno divino per piccoli imprenditori >>>

…Il grande Pescatore non conferma le parole di Pietro, non lo giudica, ma neppure lo assolve, lo porta invece su di un altro piano, lontano dallo schema del peccato e dentro il paradigma del bene futuro: sarai pescatore di uomini. Non temere il vuoto di ieri, il bene possibile domani conta di più. Gesù rialza, dà fiducia, conforta la vita e poi la incalza verso un di più: d’ora in avanti tu sarai… ed è la vita che riparte. Quando parla a Pietro, è a me che parla. Nessuno è senza un talento, senza una barchetta, una zattera, un guscio di noce. E Gesù sale anche sulla mia barca. Sale sulla barca della mia vita che è vuota, che ho tirato in secca, che quando è in alto mare oscilla paurosamente, e mi prega di ripartire con quel poco che ho, con quel poco che so fare, e mi affida un nuovo mare….

 

2 Febbraio 2022 – PRESENTAZIONE DEL SIGNORE – festa

Vangelo

I miei occhi hanno visto la tua salvezza.

Dal Vangelo secondo Luca
Lc 2,22-40

Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la legge di Mosè, Maria e Giuseppe portarono il bambino a Gerusalemme per presentarlo al Signore –  come è scritto nella legge del Signore: «Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore» – e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o due giovani colombi, come prescrive la legge del Signore.
Ora a Gerusalemme c’era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e pio, che aspettava la consolazione d’Israele, e lo Spirito Santo era su di lui. Lo Spirito Santo gli aveva preannunciato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Cristo del Signore.
Mosso dallo Spirito, si recò al tempio e, mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per fare ciò che la Legge prescriveva a suo riguardo, anch’egli lo accolse tra le braccia e benedisse Dio, dicendo:
«Ora puoi lasciare,
o Signore, che il tuo servo vada in pace,
secondo la tua parola,
perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza,
preparata da te davanti a tutti i popoli:
luce per rivelarti alle genti
e gloria del tuo popolo, Israele».
Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui. Simeone li benedisse e a Maria, sua madre, disse: «Ecco, egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione – e anche a te una spada trafiggerà l’anima -, affinché siano svelati i pensieri di molti cuori».
C’era anche una profetessa, Anna, figlia di Fanuèle, della tribù di Aser. Era molto avanzata in età, aveva vissuto con il marito sette anni dopo il suo matrimonio, era poi rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni. Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere. Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme.
Quando ebbero adempiuto ogni cosa secondo la legge del Signore, fecero ritorno in Galilea, alla loro città di Nàzaret. Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era su di lui.

30 Gennaio 2022 – IV Domenica del T.O.

Vangelo

Gesù come Elìa ed Eliseo è mandato non per i soli Giudei.

Dal Vangelo secondo Luca
Lc 4,21-30

In quel tempo, Gesù cominciò a dire nella sinagoga: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato».
Tutti gli davano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca e dicevano: «Non è costui il figlio di Giuseppe?». Ma egli rispose loro: «Certamente voi mi citerete questo proverbio: “Medico, cura te stesso. Quanto abbiamo udito che accadde a Cafàrnao, fallo anche qui, nella tua patria!”». Poi aggiunse: «In verità io vi dico: nessun profeta è bene accetto nella sua patria. Anzi, in verità io vi dico: c’erano molte vedove in Israele al tempo di Elìa, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e ci fu una grande carestia in tutto il paese; ma a nessuna di esse fu mandato Elìa, se non a una vedova a Sarèpta di Sidòne. C’erano molti lebbrosi in Israele al tempo del profeta Eliseo; ma nessuno di loro fu purificato, se non Naamàn, il Siro».
All’udire queste cose, tutti nella sinagoga si riempirono di sdegno. Si alzarono e lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte, sul quale era costruita la loro città, per gettarlo giù. Ma egli, passando in mezzo a loro, si mise in cammino.


Ermes Maria Ronchi, su Avvenire: Non i profeti ma gli amanti salveranno il mondo >>>

Nazaret passa in fretta dallo stupore all’indignazione, dagli applausi a un raptus di violenza. Tutto parte da una richiesta: «Fai anche qui i miracoli di Cafarnao!» . Quello che cercano è un bancomat di miracoli fra i vicoli del villaggio, un Dio che stupisca con effetti speciali, che risolva i problemi e non uno che cambi il cuore. Non farò miracoli qui; li ho fatti a Cafarnao e a Sidone e sulla pelle del lebbroso: il mondo è pieno di miracoli, eppure non bastano mai. Li aveva appena incantati con il sogno di un mondo nuovo, lucente di libertà, di occhi guariti, di poveri in festa, e loro lo riconducono alle loro attese, a un Dio da adoperare a proprio profitto, nei piccoli naufragi quotidiani. Ma il Dio di Gesù non si sostituisce a me, non occupa, non invade, non si impossessa. È un Dio di sconfinamenti, la sua casa è il mondo: e la sinagoga si popola di vedove forestiere e di generali nemici.  …


Luciano Manicardi, monastero di Bose: La Scrittura, oggi, per voi >>>

Nell’omelia a Nazaret Gesù, dopo aver proclamato la Scrittura, fa di sé un testimone della Scrittura stessa (e ogni omileta è chiamato a divenire testimone della Parola): dopo aver letto nel rotolo la vocazione del profeta veterotestamentario, presenta se stesso come profeta, ben sapendo che un profeta non trova accoglienza tra i suoi e nella propria patria. Ma se questo è vero del profeta, è vero anche di ogni cristiano: chi non conosce opposizioni e contraddizioni a causa della propria fede, in verità non è ancora entrato nella vita cristiana in profondità. Colui la cui parola è lodata e accettata da tutti e non incontra opposizioni o contestazioni, probabilmente è ancora lontano dalla parresia evangelica. Servire la Parola di Dio rende stranieri in rapporto alla patria e crea un’appartenenza altra. Il profeta parla la parola altra che è la Parola del Dio a cui egli appartiene e il destino della Parola diviene il suo stesso destino: “La Parola venne tra i suoi e i suoi non la accolsero” (Gv 1,11). …

Non è costui figlio di Giuseppe?
I compaesani di Gesù sono i suoi parenti. Lo rifiutano perché è
come loro: lo pensano figlio di Giuseppe, ignorando il mistero
della sua nascita per opera dello Spirito. Vorrebbero che il
Messia fosse diverso, più forte e potente. Lo scandalo del
cristianesimo è accettare che Dio è uno di noi, condivide la
nostra carne e la nostra fragilità. E fa di questa un luogo di
comunione invece che di divisione…

 

Lc 4,14-32

23 Gennaio 2022 – III Domenica del T.O.

Omelia di don Mario Testa, Santa Messa del 23 Gennaio ore 9.00 >>>

Vangelo

Oggi si è compiuta questa Scrittura.

Dal Vangelo secondo Luca
Lc 1,1-4; 4,14-21

Poiché molti hanno cercato di raccontare con ordine gli avvenimenti che si sono compiuti in mezzo a noi, come ce li hanno trasmessi coloro che ne furono testimoni oculari fin da principio e divennero ministri della Parola, così anch’io ho deciso di fare ricerche accurate su ogni circostanza, fin dagli inizi, e di scriverne un resoconto ordinato per te, illustre Teòfilo, in modo che tu possa renderti conto della solidità degli insegnamenti che hai ricevuto.
In quel tempo, Gesù ritornò in Galilea con la potenza dello Spirito e la sua fama si diffuse in tutta la regione. Insegnava nelle loro sinagoghe e gli rendevano lode.
Venne a Nàzaret, dove era cresciuto, e secondo il suo solito, di sabato, entrò nella sinagoga e si alzò a leggere. Gli fu dato il rotolo del profeta Isaìa; aprì il rotolo e trovò il passo dove era scritto:
«Lo Spirito del Signore è sopra di me;
per questo mi ha consacrato con l’unzione
e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio,
a proclamare ai prigionieri la liberazione
e ai ciechi la vista;
a rimettere in libertà gli oppressi,
a proclamare l’anno di grazia del Signore».
Riavvolse il rotolo, lo riconsegnò all’inserviente e sedette. Nella sinagoga, gli occhi di tutti erano fissi su di lui. Allora cominciò a dire loro: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato».


Ermes Maria Ronchi, su Avvenire: Il programma di Gesù: portare gioia e libertà >>>

Tutti gli occhi erano fissi su di lui. Erano appena risuonata la voce di Isaia: parole così antiche e così amate, così pregate e così desiderate, così vicine e così lontane.

Gesù ha cercato con cura quel brano nel rotolo: conosce bene le Scritture, ci sono mille passi che parlano di Dio, ma lui sceglie questo, dove l’umanità è definita con quattro aggettivi: povera, prigioniera, cieca, oppressa. Allora chiude il libro e apre la vita. Ecco il suo programma: portare gioia, libertà, occhi guariti, liberazione. Un messia che non impone pesi, ma li toglie; che non porta precetti, ma orizzonti.

E sono parole di speranza per chi è stanco, è vittima, non ce la fa più. Dio riparte dagli ultimi della fila, raggiunge la verità dell’umano attraverso le sue radici ammalorate. Adamo è povero più che peccatore; è fragile prima che colpevole; siamo deboli ma non siamo cattivi, è che abbiamo le ali tarpate e ci sbagliamo facilmente. Nel Vangelo mi sorprende e mi emoziona sempre scoprire che in quelle pagine accese si parla più di poveri che di peccatori; più di sofferenze che di colpe. Non è moralista il Vangelo, è liberatore. …


Luciano Manicardi, monastero di Bose: Oggi la Parola >>>

Il brano evangelico odierno è costituito di due parti, di cui la prima è il prologo del terzo vangelo (Lc 1,1-4). Questo prologo sottolinea il fatto che l’opera che Luca si accinge a scrivere è un racconto (diéghesis: Lc 1,1). È bene ricordare che il vangelo è un racconto, una narrazione. Non un trattato teologico, ma una storia. Il proprio del racconto è di prenderci per mano e di introdurci al suo interno rendendoci in certo modo contemporanei dei fatti raccontati. Il modo biblico di esprimere la fede è la narrazione e se l’evangelista è un narratore, egli non fa che proseguire ciò che ha fatto Gesù, anch’egli grande narratore che ha “detto” Dio raccontando parabole, forgiando immagini capaci di parlare a tutto l’uomo: corpo, anima e spirito. Il genere letterario “vangelo” è dunque uno scritto che postula un rapporto particolare con il lettore chiedendone il coinvolgimento, sollecitandone la decisione di fede, conducendolo a conformare il proprio cammino esistenziale a quello di Gesù. Leggere il vangelo è immettersi all’interno di una storia, la storia di Gesù, per proseguirne la narrazione con la propria vita …

Oggi si è compiuta questa scrittura nei vostri orecchi.
Luca ha scritto con cura il suo Vangelo per raccontare ciò che
Gesù ha fatto e detto. Quando leggiamo il Vangelo, ascoltiamo
“oggi” il Signore che compie per noi ciò che è raccontato.
Il messaggio che Gesù legge a Nazareth è il programma di tutta
la sua vita ed è il disegno stesso di Dio: portare giustizia, pace e
libertà sulla terra, perché gli uomini vivano da Figli del Padre e
fratelli tra di loro

 

Lc 1,1-4                   Lc 4,14-32      

16 Gennaio 2022 – II Domenica del T.O.

Omelia di don Mario Testa, Santa Messa del 9 Gennaio ore 18.00 >>>

Vangelo

Questo, a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù.

Dal Vangelo secondo Giovanni
Gv 2,1-11

In quel tempo, vi fu una festa di nozze a Cana di Galilea e c’era la madre di Gesù. Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli.
Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: «Non hanno vino». E Gesù le rispose: «Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora». Sua madre disse ai servitori: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela».
Vi erano là sei anfore di pietra per la purificazione rituale dei Giudei, contenenti ciascuna da ottanta a centoventi litri. E Gesù disse loro: «Riempite d’acqua le anfore»; e le riempirono fino all’orlo. Disse loro di nuovo: «Ora prendetene e portatene a colui che dirige il banchetto». Ed essi gliene portarono.
Come ebbe assaggiato l’acqua diventata vino, colui che dirigeva il banchetto – il quale non sapeva da dove venisse, ma lo sapevano i servitori che avevano preso l’acqua – chiamò lo sposo e gli disse: «Tutti mettono in tavola il vino buono all’inizio e, quando si è già bevuto molto, quello meno buono. Tu invece hai tenuto da parte il vino buono finora».
Questo, a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui.


Ermes Maria Ronchi, su Avvenire: A Cana il volto gioioso del Padre  >>>

Festa un po’ strana, quella di Cana di Galilea: lo sposo è del tutto marginale, la sposa neppure nominata; protagonisti sono due invitati, e alcuni ragazzi che servono ai tavoli. Il punto che cambia la direzione del racconto è il vino che viene a mancare. Il vino nella Bibbia è il simbolo dell’amore. E il banchetto che è andato in crisi racconta, in metafora, la crisi dell’amore tra Dio e l’umanità, un rapporto che si va esaurendo stancamente, come il vino nelle anfore. Occorre qualcosa di nuovo. Vi erano là sei anfore di pietra… Occorre riempirle d’altro, finirla con la religione dei riti esterni, del lavarsi le mani come se ne venisse lavato il cuore; occorre vino nuovo: passare dalla religione dell’esteriorità a quella dell’interiorità, dell’amore che ti fa fare follie, che fa nascere il canto e la danza, come un vino buono, inatteso, abbondante, che fa il cuore ubriaco di gioia (Salmo 104,15). Il Vangelo chiama questo il “principe dei segni”, il capostipite di tutti: se capiamo Cana, capiamo gran parte del Vangelo. A Cana è il volto nuovo di Dio che appare: un Dio inatteso, colto nelle trame festose di un pranzo nuziale; che al tempio preferisce la casa; che si fa trovare non nel santuario, nel deserto, sul monte, ma a tavola….


Luciano Manicardi, monastero di Bose: Novità nella continuità >>>

Il testo evangelico di questa domenica è l’episodio delle “nozze di Cana” presente nel IV vangelo (Gv 2,1-12). Troviamo in questo testo quella simbolica nuziale che è cifra dell’incontro tra Dio e l’umanità già nel Primo Testamento. In particolare, la celebrazione delle nozze è immagine che allude all’alleanza tra Dio e il suo popolo. Il passo giovanneo può essere letto tenendo come griglia di lettura il rapporto tra Antico e Nuovo Testamento. In quest’ottica va notato che Giovanni non si accontenta di risolvere questo rapporto con la polarità “promessa-compimento”, ma la arricchisce con la dialettica “continuità-novità”. Per Giovanni è nel corso di nozze già iniziate che Gesù interviene e fornisce il vino buono. Già qui vi è continuità e novità. Di più, il vino buono proviene dall’acqua che era già là (“Vi erano là sei anfore …”: Gv 2,6). Situate al “terzo giorno” (Gv 2,1), le nozze di Cana sono ripresa del passato, in quanto memoria dell’alleanza sinaitica avvenuta “il terzo giorno” (Es 19,10-11.16), e anticipazione del futuro, in quanto profezia della resurrezione che avverrà “il terzo giorno” (1Cor 15,4). Al centro di questa economia del tempo della salvezza si trova “l’ora” di Gesù (Gv 2,4), il momento dell’innalzamento che è anche il culmine della rivelazione della gloria di Dio. Simbolo dei tempi messianici e della rivelazione, il vino che Gesù dona è tratto dall’acqua contenuta nelle giare per la purificazione dei Giudei. Questo vino buono non è senza quell’acqua. La novità che Gesù porta si innesta nella continuità con l’alleanza stretta da Dio con il popolo d’Israele. Scrive Tommaso d’Aquino: “Se Gesù non ha voluto fare del vino partendo dal nulla, ma a partire dall’acqua, è per mostrare che egli non veniva assolutamente per fondare una nuova dottrina e rigettare l’antica, ma per compierla”. Anche il cristiano non possiede quel vino, ma lo può ricevere ogni giorno dalla parola di Gesù che trasforma l’acqua versata nelle giare d’Israele. La compresenza dell’Antico e del Nuovo Testamento nella liturgia della Parola all’interno dell’Eucaristia esprime il fatto che la Parola di Dio emerge dall’incontro e dal dialogo, presieduto e sempre rinnovato dallo Spirito, tra parola veterotestamentaria e parola neotestamentaria, in una dialettica di novità nella continuità. ….


Gesuiti Villapizzone, Milano ( http://www.gesuiti-villapizzone.it/sito/lectio/vangeli.html

Attingete adesso!
Il primo segno di Gesù anzi il “principio” dei suoi segni –
sorprende e spiazza ogni persona religiosa. L’acqua che diventa
vino dice il senso stesso del vangelo: Dio non dimora nel
tempio o nella legge, ma nella gioia dell’amore. Adesso
possiamo attingere con pienezza alle fonti della vita: possiamo
amare il Signore, perché lui è lo Sposo che ci ama di un amore
più forte della morte. La madre di Gesù appare solo qui e ai
piedi della croce, dove si consumano le nozze tra Dio e
l’umanità

Gv 2,1-12  

Domenica 9 Gennaio 2022 – BATTESIMO DEL SIGNORE – ANNO C – Festa

Omelia di don Mario Testa, Santa Messa del 9 Gennaio ore 18.00 >>>

Vangelo

Mentre Gesù, ricevuto il battesimo, stava in preghiera, il cielo si aprì.

Dal Vangelo secondo Luca
Lc 3,15-16.21-22

In quel tempo, poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo, Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco».
Ed ecco, mentre tutto il popolo veniva battezzato e Gesù, ricevuto anche lui il battesimo, stava in preghiera, il cielo si aprì e discese sopra di lui lo Spirito Santo in forma corporea, come una colomba, e venne una voce dal cielo: «Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento».


Ermes Maria Ronchi, su Avvenire: Sul Giordano Gesù è nido della colomba del cielo >>>

Gesù stava in preghiera, e il cielo si aprì. Bellissima questa dinamica causa-effetto. Gesù sta in preghiera, e la meravigliosa risposta di Dio è di aprire il cielo. E non è vuoto e non è muto. Per ogni nostra preghiera la dinamica è sempre la stessa: una feritoia, una fenditura che si apre nel cielo chiuso e ne scende un volo di parole: Tu sei il Figlio mio, l’amato, in te ho posto il mio compiacimento.
Ogni preghiera non fa che ripetere incessantemente questo: «Parlami / aspetto a carne aperta / che mi parli./ Noi non siamo qui per vivere / ma perché qualcuno / deve parlarci» (Franco Arminio).
E la prima parola è “Figlio”. La “parola” scende e si fa, nel deserto, e qui, un “figlio”. Dio è forza di generazione, che come ogni essere genera secondo la propria specie. Siamo specie della sua specie, abbiamo Dio nel sangue e nel respiro. Posta in principio a tutte, “figlio” è parola che sta all’inizio perché sta anche alla fine di tutto.
“Tu sei amato” è la seconda parola. Di immeritato amore, asimmetrico, unilaterale, incondizionato. Qui è posto il fondamento di tutta la legge. “Tu sei amato” è il fondamento; “tu amerai” è il compimento. Chi esce da questo, amerà il contrario della vita.


Luciano Manicardi, monastero di Bose: L’immersione nella preghiera  >>>

…In verità, Gesù dirà di essere venuto proprio a gettare un fuoco sulla terra, (Lc 12,49), ma questo fuoco non deve bruciare né scorie, né peccatori, ma è il fuoco in cui Gesù stesso sarà immerso: “Sono venuto a gettare un fuoco sulla terra e come vorrei che fosse già divampato. Ma devo essere battezzato con un battesimo e come sono angustiato finché non sia compiuto” (Lc 12,49-50). Il battesimo in Spirito santo e fuoco ci sarà ma alla Pentecoste, quando Gesù sarà già passato attraverso la prova della passione e morte, quando Gesù avrà già compiuto il destino di colui che “compie guarigioni oggi e domani e il terzo giorno è consumato” (Lc 13,32). Del resto, la narrazione lucana ci suggerisce che Giovanni stesso è già stato battezzato in Spirito santo quando la madre di Gesù ha salutato sua madre, Elisabetta, e alla voce di Maria lo Spirito santo è sceso su Elisabetta e ha riempito anche Giovanni che nel seno materno ha sussultato di gioia (Lc 1,39-45). La risposta che Giovanni dà al popolo è giusta, ma tale che non solo dovrà essere completata e aggiornata, ma che Giovanni stesso non è cosciente di quanto essa riguardi anche lui personalmente. Di quanto, in certo modo, vi sia già immerso. …


Gesuiti Villapizzone, Milano ( http://www.gesuiti-villapizzone.it/sito/lectio/vangeli.html

Tu sei il Figlio mio
Il Padre parla solo qui e nella trasfigurazione: L’unica sua parola
è Gesù, il figlio ch si mette in fila con i peccatori. In questa sua
scelta di farsi fratello di ogni uomo, tutti tornano a essere figli
di Dio.
Lc 3,21-30