Omelia di don Mario Testa – Sabato 30 Aprile ore 18.00 >>>
Vangelo
Viene Gesù, prende il pane e lo dà loro,così pure il pesce.
Dal Vangelo secondo Giovanni
Gv 21,1-19
In quel tempo, Gesù si manifestò di nuovo ai discepoli sul mare di Tiberìade. E si manifestò così: si trovavano insieme Simon Pietro, Tommaso detto Dìdimo, Natanaèle di Cana di Galilea, i figli di Zebedèo e altri due discepoli. Disse loro Simon Pietro: «Io vado a pescare». Gli dissero: «Veniamo anche noi con te». Allora uscirono e salirono sulla barca; ma quella notte non presero nulla.
Quando già era l’alba, Gesù stette sulla riva, ma i discepoli non si erano accorti che era Gesù. Gesù disse loro: «Figlioli, non avete nulla da mangiare?». Gli risposero: «No». Allora egli disse loro: «Gettate la rete dalla parte destra della barca e troverete». La gettarono e non riuscivano più a tirarla su per la grande quantità di pesci. Allora quel discepolo che Gesù amava disse a Pietro: «È il Signore!». Simon Pietro, appena udì che era il Signore, si strinse la veste attorno ai fianchi, perché era svestito, e si gettò in mare. Gli altri discepoli invece vennero con la barca, trascinando la rete piena di pesci: non erano infatti lontani da terra se non un centinaio di metri.
Appena scesi a terra, videro un fuoco di brace con del pesce sopra, e del pane. Disse loro Gesù: «Portate un po’ del pesce che avete preso ora». Allora Simon Pietro salì nella barca e trasse a terra la rete piena di centocinquantatré grossi pesci. E benché fossero tanti, la rete non si squarciò. Gesù disse loro: «Venite a mangiare». E nessuno dei discepoli osava domandargli: «Chi sei?», perché sapevano bene che era il Signore. Gesù si avvicinò, prese il pane e lo diede loro, e così pure il pesce. Era la terza volta che Gesù si manifestava ai discepoli, dopo essere risorto dai morti.
Quand’ebbero mangiato, Gesù disse a Simon Pietro: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami più di costoro?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene». Gli disse: «Pasci i miei agnelli». Gli disse di nuovo, per la seconda volta: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene». Gli disse: «Pascola le mie pecore». Gli disse per la terza volta: «Simone, figlio di Giovanni, mi vuoi bene?». Pietro rimase addolorato che per la terza volta gli domandasse: «Mi vuoi bene?», e gli disse: «Signore, tu conosci tutto; tu sai che ti voglio bene». Gli rispose Gesù: «Pasci le mie pecore. In verità, in verità io ti dico: quando eri più giovane ti vestivi da solo e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti vestirà e ti porterà dove tu non vuoi». Questo disse per indicare con quale morte egli avrebbe glorificato Dio. E, detto questo, aggiunse: «Seguimi».
Ermes Maria Ronchi, su Avvenire: Sorpresi da Gesù: «Mi ami più di tutti?» >>>
Un’alba sul lago di Galilea. Quante albe nei racconti pasquali! Ma tutta «la nostra vita è un albeggiare continuo (Maria Zambrano), un progressivo sorgere della luce. Pietro e gli altri sei compagni si sono arresi, sono tornati indietro, alla vita di prima. Chiusa la parentesi di quei tre anni di strade, di vento, di sole, di parole come pane e come luce, di itineranza libera e felice, conclusa nel modo più drammatico. E i sette, ammainata la bandiera dei sogni, sono tornati alla legge del quotidiano. «Ma in quella notte non presero nulla». Notte senza stelle, notte amara, in cui in ogni riflesso d’onda pare loro di veder naufragare un sogno, un volto, una vita. In quell’albeggiare sul lago il miracolo non sta nel ripetersi di un’altra pesca straordinaria, sta in Pietro che si butta in acqua vestito, che nuota più forte che può, nell’ansia di un abbraccio, con il cuore che punta diritto verso quel piccolo fuoco sulla riva. Dove Gesù, come una madre, ha preparato una grigliata di pesce per i suoi amici. Poteva sedersi, aspettare il loro arrivo, starsene ad osservare, arrivare dopo, invece no, non trattiene la cura, non frena le attenzioni per loro: fuoco, braci, pesce, il tempo, le mani, il cibo. Si preoccupa di accoglierli bene, stanchi come sono, con qualcosa di buono….
Luciano Manicardi, monastero di Bose: L’amore discerne l’amore >>>
…Il vangelo si apre presentando il disfacimento di un corpo comunitario. E che caratteristiche presenta questa disgregazione? Anzitutto la rapidità. Basta pochissimo tempo perché i discepoli che si riunivano insieme almeno ogni primo giorno della settimana, si sfaldino e smarriscano la loro dimensione di comunità. Inoltre, diversi discepoli non ci sono più. Sembra che alcuni siano scomparsi, se ne siano andati. Ne vengono nominati solo sette. Il gruppo non ha saputo custodire la propria integrità: spinte personali e soggettive sono state più forti del richiamo comunitario. Il tempo senza Gesù ha ben presto mostrato la labilità di alcuni discepoli, la precarietà di alcuni che pure per diverso tempo avevano vissuto con Gesù. Non avevano acquisito sufficiente maturità umana e spirituale? Non avevano sviluppato sufficiente autonomia? Restavano nel gruppo attratti personalmente da Gesù e basta? Per motivi affettivi? Non lo sappiamo. Quel che emerge è anche la vanificazione del passato vissuto con Gesù. E anche dei primi tempi passati dopo la sua resurrezione. L’esperienza di fede sembra rivelarsi qui estremamente fragile: che ne è del vissuto con Gesù, dell’ascolto della sua parola, dell’aver visto i suoi segni su persone malate, che ne è, soprattutto, dell’amore vissuto insieme? Se di amore si trattava. È quasi come se quel vissuto non abbia avuto la forza di dar forma e consolidare un futuro da viversi insieme pur senza il pastore, Gesù. Esplodono forse le contraddizioni e i conflitti tenuti a bada fino a quel momento dalla presenza di Gesù? Non possiamo dire. Di certo, sembra emergere un’altra dimensione: la dimenticanza, l’oblio. Hanno forse dimenticato tutto? Pietro ha dimenticato che Gesù gli ha cambiato il nome di Simone in Cefa (1,42)? Hanno dimenticato la preghiera per loro e i discorsi rivolti loro da Gesù prima del suo addio? Ciò che non si ricorda è come se non fosse mai stato. Ancora si cercano rassicurazioni. Lo sfaldamento della comunità è anche dovuto al fatto che ci si rifugia in ciò che si conosce per timore di intraprendere ciò che appare nuovo e incerto. Le rassicurazioni emergono nel rifugiarsi nel passato particolare di ciascuno, nell’emergere con prepotenza di ciò che è peculiare a ciascuno. Anche nelle vite di questi discepoli che pure sono rimasti riemerge con prepotenza il loro passato lontano, quello da cui si erano staccati un tempo per seguire Gesù e intraprendere la vita itinerante con lui. Pietro ritorna al mestiere di un tempo: “Simon Pietro disse: Io vado a pescare”. E gli altri si accodano….
Mi ami?
Il capitolo 21, analogamente agli Atti degli apostoli, ci presenta
in sintesi la storia della chiesa: essa continua a fare e a dire ciò
che Gesù ha “principiato a fare e insegnare” (At 1,1). La
missione del Figlio diventa la nostra: pescare i fratelli dalla
morte. L’aspetto istituzionale della chiesa, rappresentato da
Pietro, è fondato sull’amore e sul perdono accettato e
accordato. L’aspetto carismatico, rappresentato dal discepolo
amato, è anima e misura di ogni istituzione: è l’amore, che vive
in eterno. Tutto il resto è “funzionale”: da accettare o rifiutare
secondo che giova o meno ad amare. La chiesa ha come
principio e fine la libertà di amare.