19 Dicembre 2021 – IV Domenica di Avvento

Omelia di don Mario Testa >>>

Vangelo

A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me?

Dal Vangelo secondo Luca
Lc 1,39-45

In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda.
Entrata nella casa di Zaccarìa, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo. Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto».


Ermes Maria Ronchi, su Avvenire: Elisabetta e Maria, così è l’arte dell’incontro >>>

… Maria si mise in viaggio in fretta. Appena partito l’angelo, anche lei vola via da Nazaret. Il suo cammino sembra ricalcare a ritroso le orme che Gabriele ha lasciato nell’aria per giungere da lei: «gli innamorati volano» (santa Camilla Battista da Camerino).
Appena giunta in quella casa di profeti, Maria si comporta come Gabriele con lei. «Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta»: angelo di un lieto annunzio, che il bimbo nel grembo della madre percepisce subito, con tutto se stesso, come una musica, un appello alla danza, una tristezza finita per sempre: «il bambino ha sussultato di gioia» . Il Santo non è più al tempio, è lì, nella carne di una donna, «dolce carne fatta cielo» (M. Marcolini). . …


Luciano Manicardi, monastero di Bose: Nel corpo di una donna >>>

…La IV domenica di Avvento dell’annata C presenta come vangelo il testo della cosiddetta “visitazione”, l’incontro di Maria ed Elisabetta narrato solo nel terzo vangelo. Mentre ormai ci si avvicina alla celebrazione del Natale, questo brano evangelico ci ricorda che il mistero dell’incarnazione non è riducibile all’evento puntuale della nascita. Come ogni uomo, Gesù è portato nel seno di una donna, abita per nove mesi nel grembo di Maria e tale grembo è sua casa, suo cibo, sua vita. Il venire al mondo è anzitutto l’esserci nel corpo di un altro: per Gesù (come per ogni umano) il corpo di una donna è il suo primo mondo. Noi avveniamo nel corpo di una donna.

Andando da Elisabetta è come se Maria volesse incontrarsi con se stessa incontrando l’altra donna, volesse guardarsi allo specchio guardando Elisabetta, tanta è l’analogia – pur nelle differenze – tra le due donne e le due vicende. Là una sterile divenuta feconda, qui una vergine che non ha relazioni con uomo e a cui viene annunciato un figlio. Non a caso Maria parte da sola. Nessuna menzione di Giuseppe, a differenza delle tradizioni presenti nel vangelo secondo Matteo, dove il viaggio di Maria in Egitto è sempre insieme a Giuseppe (Mt 2,13-23). Ciò che la muove e ciò a cui va incontro riguarda lei nel più intimo della sua interiorità, della sua persona. Il silenzio e la solitudine sono i sigilli di questa avventura interiore. L’obbediente Maria non può che restare nel silenzio e nella solitudine dopo ciò che è avvenuto in lei. Non può che custodire nel segreto il mistero che l’ha investita, ma ha anche bisogno di conferme. E il testo dice che Maria parte in fretta (Lc 1,39): ciò che la muove ormai è un’urgenza, un bisogno impellente, più suo che di Elisabetta stessa.

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Gesuiti Villapizzone, Milano ( http://www.gesuiti-villapizzone.it/sito/lectio/vangeli.html

Beata colei che ha creduto.
Maria, subito dopo aver detto “sì” a Dio, si mette al servizio al prossimo.
L’incontro tra le due cugine, che portano in grembo l’ultimo dei profeti e il Figlio di
Dio, rappresenta l’incontro tra Antico e Nuovo Testamento…

12 Dicembre 2021 – III Domenica di Avvento – GAUDETE

Omelia di don Mario Testa >>>

Vangelo

E noi che cosa dobbiamo fare?

Dal Vangelo secondo Luca
Lc 3,10-18

In quel tempo, le folle interrogavano Giovanni, dicendo: «Che cosa dobbiamo fare?». Rispondeva loro: «Chi ha due tuniche, ne dia a chi non ne ha, e chi ha da mangiare, faccia altrettanto».
Vennero anche dei pubblicani a farsi battezzare e gli chiesero: «Maestro, che cosa dobbiamo fare?». Ed egli disse loro: «Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato».
Lo interrogavano anche alcuni soldati: «E noi, che cosa dobbiamo fare?». Rispose loro: «Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno; accontentatevi delle vostre paghe».
Poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo, Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. Tiene in mano la pala per pulire la sua aia e per raccogliere il frumento nel suo granaio; ma brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile».
Con molte altre esortazioni Giovanni evangelizzava il popolo.

 


Ermes Maria Ronchi, su Avvenire: Le tre regole indicate da Giovanni per cambiare >>>

… Niente di straordinario. Giovanni non dice “lascia tutto e vieni nel deserto”; semplici cose fattibili da chiunque: non accumulare; se hai, condividi; non rubare e non usare violenza. Il brano si conclude con Giovanni che alza lo sguardo: Viene uno più forte di me e vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. È il più forte non perché si impone e vince, ma perché è l’unico che parla al cuore, l’unico che “battezza nel fuoco”. Ha acceso milioni e milioni di vite, le ha accese e le ha rese felici. Questo fa di lui il più forte. E il più amato.. …


Luciano Manicardi, monastero di Bose: Il coraggio di una domanda >>>

…Ciò che unifica le tre categorie è la domanda. Giovanni assomiglia alla sentinella che nella notte intravede il sorgere dell’alba messianica e si rivolge a chi lo interpella dicendo. “Se volete domandare, domandate, convertitevi, venite” (Is 21,12). Qui folle, soldati e pubblicani vengono, domandano e sono invitati a conversione con richieste precise. La conversione può iniziare con il coraggio di una domanda. O, almeno, di ciò che una domanda significa. Riconoscendo cioè di avere una carenza e riconoscendolo davanti a un altro a cui ci si rimette e da cui si attende una parola, un’indicazione di via. La conversione inizia con la presa di coscienza della propria condizione reale, che è condizione di distanza rispetto alle esigenze evangeliche..….


Gesuiti Villapizzone, Milano ( http://www.gesuiti-villapizzone.it/sito/lectio/vangeli.html

Preparate la via del Signore. Cosa dobbiamo fare?
Giovanni Battista è il profeta che ci prepara ad accogliere il
Signore: chiede la conversione dai peccati e annuncia di
preparare la via del ritorno dall’esilio. Egli incarna le condizioni
necessarie per incontrare Gesù: realizza i desideri di giustizia,
di libertà e di fraternità, sintesi di tutto il messaggio biblico.
Convertirsi a Dio come Padre è aver cura del fratello. Tutti
siamo chiamati a condividere con gli altri ciò che abbiamo: se
non viviamo da fratelli, non accettiamo Dio come Padre. Chi ha
responsabilità pubbliche non deve imbrogliare; i militari poi
devono favorire la pace e non fare violenza. …

 

8 Dicembre – IMMACOLATA CONCEZIONE DELLA BEATA VERGINE MARIA – Solennità

Vangelo

Ecco, concepirai un figlio e lo darai alla luce.

Dal Vangelo secondo Luca
Lc 1, 26-38

In quel tempo, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Rallègrati, piena di grazia: il Signore è con te».
A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù.
Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine».
Allora Maria disse all’angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». Le rispose l’angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: nulla è impossibile a Dio».
Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola».
E l’angelo si allontanò da lei.

5 Dicembre 2021 – II Domenica di Avvento

Omelia di don Mario Testa >>>

Vangelo

Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio!

Dal Vangelo secondo Luca
Lc 3,1-6

Nell’anno quindicesimo dell’impero di Tiberio Cesare, mentre Ponzio Pilato era governatore della Giudea, Erode tetràrca della Galilea, e Filippo, suo fratello, tetràrca dell’Iturèa e della Traconìtide, e Lisània tetràrca dell’Abilène, sotto i sommi sacerdoti Anna e Càifa, la parola di Dio venne su Giovanni, figlio di Zaccarìa, nel deserto.
Egli percorse tutta la regione del Giordano, predicando un battesimo di conversione per il perdono dei peccati, com’è scritto nel libro degli oracoli del profeta Isaìa:
«Voce di uno che grida nel deserto:
Preparate la via del Signore,
raddrizzate i suoi sentieri!
Ogni burrone sarà riempito,
ogni monte e ogni colle sarà abbassato;
le vie tortuose diverranno diritte
e quelle impervie, spianate.
Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio!».


Ermes Maria Ronchi, su Avvenire: Giovanni, il profeta raggiunto dalla Parola >>>

Una pagina solenne, quasi maestosa, dà avvio a questo Vangelo. Da un luogo senza nome il racconto si lancia fino al cuore dell’impero romano, sconfina dal Giordano fino al trono di Tiberio Cesare. Il Vangelo attraversa le frontiere politiche, sociali, etniche, religiose, per introdurre Gesù, l’uomo senza frontiere, l’asse attorno al quale ruotano i secoli e i millenni, mendicanti e imperatori. Traccia la mappa del potere politico e religioso, e poi, improvvisamente, introduce il dirottamento: nell’anno 15° dell’impero di Tiberio Cesare, la parola di Dio venne… su chi? Sull’imperatore? Sul sommo sacerdote? Su un piccolo re? Su nessuno di questi, ma su di un giovane, un asceta senza tetto, che viveva mangiando il nulla che il deserto gli offriva: insetti e miele faticoso. La Parola di Dio vola via dal tempio, lontano dalle stanze del potere, e raggiunge un povero nel deserto, amico del vento senza ostacoli, del silenzio vigile, dove ogni sussurro raggiunge il cuore. La parola discese a volo d’aquila sopra Giovanni, figlio di Zaccaria nel deserto. La nuova capitale del mondo è un luogo senza nome, nelle steppe di Giuda. …


Luciano Manicardi, monastero di Bose: Il deserto e la Parola >>>

Preparare la venuta del Signore, questo il messaggio della seconda domenica di Avvento. Ma preparare la venuta del Signore significa prepararsi. Immagine di questa preparazione è Giovanni Battista. Il testo odierno non parla ancora in dettaglio della predicazione di Giovanni, ma si limita a presentare Giovanni stesso. E a presentarlo nella solitudine. Giovanni prepara la venuta del Signore e si prepara ad accogliere il Veniente abitando la solitudine. Il testo di Luca accentua questa dimensione. Si evoca lo scenario della grande storia con i suoi protagonisti politici e religiosi obbligando il lettore a un enorme allargamento dello sguardo, ma poi l’attenzione si concentra sull’invisibile parola di Dio, sul minuscolo deserto della Giudea, sulla persona di Giovanni e sul libro delle Scritture, sulla profezia di Isaia citata molto più estesamente che in Marco (1,2-3) e in Matteo (3,3). La descrizione lucana presenta Giovanni come situato in un luogo, un deserto, e accanto a un libro, uno scritto: “come sta scritto nel libro (en biblío) degli oracoli del profeta Isaia” (Lc 3,4). Marco e Matteo sottolineano il cibo e il vestito di Giovanni, mentre Luca si attiene a ciò che viene ancora prima e che è più fondamentale ancora di queste due dimensioni pure basilari ed essenziali. Il luogo e il libro. La descrizione della cella di Antonio del deserto con cui Gustave Flaubert inizia il suo racconto La tentazione di sant’Antonio dice: “Si trova nella Tebaide, in vetta a una montagna a forma di mezza luna chiusa da macigni. La capanna dell’eremita è in fondo. È fatta di fango e canne, senza porte. Dentro vi si distingue una brocca con un pane nero, in mezzo, su una mensola in legno, un libro”. La cella e il libro, il libro della Scrittura, la cella e il vangelo: ovvero i luoghi per vivere la solitudine, per abitarla e renderla feconda. E preparare così se stessi alla venuta del Signore.….


Gesuiti Villapizzone, Milano ( http://www.gesuiti-villapizzone.it/sito/lectio/vangeli.html

Preparate la via del Signore. Cosa dobbiamo fare?
Giovanni Battista è il profeta che ci prepara ad accogliere il
Signore: chiede la conversione dai peccati e annuncia di
preparare la via del ritorno dall’esilio. Egli incarna le condizioni
necessarie per incontrare Gesù: realizza i desideri di giustizia,
di libertà e di fraternità, sintesi di tutto il messaggio biblico.
Convertirsi a Dio come Padre è aver cura del fratello. Tutti
siamo chiamati a condividere con gli altri ciò che abbiamo: se
non viviamo da fratelli, non accettiamo Dio come Padre. Chi ha
responsabilità pubbliche non deve imbrogliare; i militari poi
devono favorire la pace e non fare violenza. …

28 Novembre 2021 – I Domenica di Avvento

Omelia don Bernard Tondé >>>

Vangelo

La vostra liberazione è vicina.

Dal Vangelo secondo Luca
Lc 21,25-28.34-36

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Vi saranno segni nel sole, nella luna e nelle stelle, e sulla terra angoscia di popoli in ansia per il fragore del mare e dei flutti, mentre gli uomini moriranno per la paura e per l’attesa di ciò che dovrà accadere sulla terra. Le potenze dei cieli infatti saranno sconvolte.
Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire su una nube con grande potenza e gloria.
Quando cominceranno ad accadere queste cose, risollevatevi e alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina.
State attenti a voi stessi, che i vostri cuori non si appesantiscano in dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita e che quel giorno non vi piombi addosso all’improvviso; come un laccio infatti esso si abbatterà sopra tutti coloro che abitano sulla faccia di tutta la terra. Vegliate in ogni momento pregando, perché abbiate la forza di sfuggire a tutto ciò che sta per accadere, e di comparire davanti al Figlio dell’uomo».


Ermes Maria Ronchi, su Avvenire: Se non alzi il tuo capo non vedrai l’arcobaleno >>>

Ricomincia da capo l’anno liturgico, quando ripercorreremo un’altra volta tutta la vita di Gesù. L’anno nuovo inizia con la prima domenica d’Avvento, il nostro capodanno, il primo giorno di un cammino (quattro settimane) che conduce a Natale, che è il perno attorno al quale ruotano gli anni e i secoli, l’inizio della storia nuova, quando Dio è entrato nel fiume dell’umanità. Ci saranno segni nel sole, nella luna e nelle stelle, e sulla terra angoscia di popoli in ansia per ciò che dovrà accadere. Il Vangelo non anticipa la fine del mondo, racconta il segreto del mondo: ci prende per mano e ci porta fuori, a guardare in alto, a sentire il cosmo pulsare attorno a noi; ci chiama ad aprire le finestre di casa per far entrare i grandi venti della storia, a sentirci parte viva di una immensa vita. Che patisce, che soffre, ma che nasce. Il mondo spesso si contorce come una partoriente, dice Isaia, ma per produrre vita: è in continua gestazione, porta un altro mondo nel grembo. …


Luciano Manicardi, monastero di Bose: Dramma e speranza >>>

La prima domenica di Avvento ci fa entrare in un nuovo anno liturgico (l’annata liturgica C) in cui la pericope evangelica domenicale è tratta dal vangelo secondo Luca. Vangelo che, a differenza di tutti gli altri, costituisce la prima parte di un’unica opera la cui seconda parte è consiste negli Atti degli Apostoli, che potremmo definire “la prima storia del cristianesimo”. Costruendo questo complesso Luca ha voluto mostrare che la vita della Chiesa (di cui gli Atti narrano la nascita con la Pentecoste e poi i primi passi soprattutto attraverso le figure di Pietro e Paolo) è radicata in Cristo e trova in lui il suo centro di gravità. Non a caso, gli Atti iniziano riassumendo così il terzo vangelo: “Nel primo racconto, o Teofilo, ho trattato di tutto quello che Gesù fece e insegnò dagli inizi fino al giorno in cui fu assunto in cielo, dopo aver dato disposizioni agli apostoli che si era scelti per mezzo dello Spirito santo” (At 1,1-2). Il vangelo lucano contiene dunque “ciò che Gesù fece e insegnò”. E tra gli insegnamenti di Gesù vi è il discorso escatologico, il discorso sulle cose ultime, da cui è tratta la pericope della I domenica di Avvento (Lc 21,25-28.34-36).

Nel suo discorso escatologico, Gesù spiega che la distruzione del tempio non è segno della fine del mondo (Lc 21,5-9), ma inizio dei “tempi delle genti” (Lc 21,24), che sono i tempi della storia, tempi che avranno fine con la venuta del Figlio dell’uomo. Luca accenna appena alla parusia (“Allora vedranno il Figlio dell’Uomo venire su una nube con grande potenza e gloria”: Lc 21,27), mentre mostra piuttosto le reazioni degli uomini a questo evento escatologico. L’accento è sulla storia che è il luogo in cui il credente è chiamato a sperare vigilando e pregando in mezzo a tribolazioni. La venuta gloriosa del Signore è vista da Luca nelle reazioni che produce sugli uomini: il dramma escatologico è un dramma umano, storico, esistenziale. Eventi catastrofici nella natura e nella storia, in cielo e in terra, che saranno motivo di angoscia e smarrimento, di attesa ansiosa, di paura e morte per tanti uomini, per i credenti potranno essere il segno dell’avvicinarsi della salvezza. “Alzatevi e levate il capo, perché la vostra liberazione è vicina” (Lc 21,28). Alzare il capo significa anche “alzare gli occhi” e vedere ciò che a molti resta invisibile: la salvezza che avanza tra le tribolazioni storiche, il Regno che emerge da dietro le macerie della storia, la promessa del Signore che resta salda anche nell’accumularsi delle rovine “sulla terra” (Lc 21,25). Nessun pessimismo, nessun far coincidere le catastrofi naturali e storiche, per quanto devastanti, le guerre, le pandemie, le crisi ecologiche con la fine del mondo, ma anche nessun cinismo, nessuna fuga dai dolori e dalle assurdità del reale per rifugiarsi in una visione spiritualistica o ingenuamente ottimista….


Gesuiti Villapizzone, Milano ( http://www.gesuiti-villapizzone.it/sito/lectio/vangeli.html

Attenti a voi stessi.
Nella notte del mondo, invece di chiudere gli occhi e stordirci,
siamo invitati a essere vigili e sobri, sapendo che viene il
giorno

Tutti abbiamo paura della morte e della fine del mondo.
Sappiamo però che la nostra vita e la nostra storia
hanno come fine l’incontro con il Figlio dell’uomo che ci
ama e ha vinto la morte. Le difficoltà della lotta contro il
male non sono motivo di scoraggiamento, ma di
speranza: stiamo seguendo il suo cammino di croce e di
gloria.

Lc 21,25-28  Lc 22,31-38

Domenica 21 Novembre 2021 – XXXIV – NOSTRO SIGNORE GESÙ CRISTO RE DELL’UNIVERSO – ANNO B – Solennità

Omelia di don Mario Testa >>>

Vangelo

Tu lo dici: io sono re.

Dal Vangelo secondo Giovanni
Gv 18,33b-37

In quel tempo, Pilato disse a Gesù: «Sei tu il re dei Giudei?». Gesù rispose: «Dici questo da te, oppure altri ti hanno parlato di me?». Pilato disse: «Sono forse io Giudeo? La tua gente e i capi dei sacerdoti ti hanno consegnato a me. Che cosa hai fatto?».
Rispose Gesù: «Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù».
Allora Pilato gli disse: «Dunque tu sei re?». Rispose Gesù: «Tu lo dici: io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce».


Ermes Maria Ronchi, su Avvenire: È l’amore disarmato che cambia il mondo >>>

Pilato, l’uomo che detiene il maggior potere in Gerusalemme, e il giovane rabbi disarmato: l’uno di fronte all’altro, di fronte alla storia del mondo.
Tu sei il re dei giudei? Possibile che quel galileo dallo sguardo limpido e diritto sia a capo di una rivolta, che ne nasca un pericolo per Roma? No, quell’uomo inerme è un pericolo per i complotti del sinedrio, per i giochi dei politici: ti hanno consegnato a me, vogliono ucciderti. Cosa hai fatto? Gesù mi commuove con il suo coraggio, con la sua statura interiore, mentre fa alzare sul pretorio un vento regale di libertà e fierezza.

E adesso apre il mondo di Pilato, lo dilata, fa irrompere un’altra dimensione, un’altra latitudine del cuore: il mio regno non è di questo mondo, dove si combatte, si fa violenza, si abusa, si inganna, ci si divora. Nel mio regno non ci sono legioni, né spade, né predatori. Per i regni di quaggiù, per il cuore di quaggiù, l’essenziale è vincere, nel mio Regno la cosa più importante è servire. Il mio regno appartiene ai poveri, ai limpidi, ai liberi, agli artigiani della pace e della giustizia… Sono venuto per far sorgere i re di domani tra i piccoli di oggi. «Sono venuto nel mondo, per testimoniare un’altra verità». …


Luciano Manicardi, monastero di Bose: Testimonianza e confessione di fede >>>

… Di fronte all’affermazione di Gesù di essere venuto nel mondo per dare testimonianza alla verità” (Gv 18,37), la risposta di Pilato – perché di risposta si tratta ben più che di vera domanda – è: “Che cos’è la verità?” (Gv 18,38). È talmente vero che quella non è una domanda che Pilato nemmeno aspetta una risposta, ma subito esce verso i Giudei (v. 38). Quel “che cos’è la verità?” è dichiarazione di disinteresse, di cinismo: la verità non è di sua competenza ed è assolutamente irrilevante per lui. E così Pilato, che pure per tre volte ripeterà che “non trova in Gesù alcuna colpa” (Gv 18,38; 19,4.6), arriverà anche lui a fare il male condannando una persona innocente: paura di perdere il potere, paura di mettersi contro Cesare, paura di inimicarsi i Giudei, lo condurranno a fare ciò che è contrario a ciò che pensa e sente. E così Pilato attuerà il più grande, grave e vero tradimento che un uomo possa fare: tradire se stesso. Tradire la propria verità. La propria coscienza.. …


Gesuiti Villapizzone, Milano ( http://www.gesuiti-villapizzone.it/sito/lectio/vangeli.html

Gioisci, Re dei Giudei

E la festa di Cristo Re nella Chiesa è stata istituita molto di
recente, durante il fascismo, il nazismo e lo stalinismo. Per dire una
cosa molto semplice: che il vero re è molto diverso da quello che
conosciamo. Allora si usava la parola “re” perché la Chiesa è una
istituzione molto vecchia e le parole le cambia molto dopo; il re è
chi detiene il potere, il governo; oggi si farebbe la festa del
presidente. Chi è il presidente? Cristo è il presidente, dato che i re
sono solo i quattro di carte ormai, la regina di Inghilterra e pochi
altri.
Per dire, in fondo qual è il potere di verità che Gesù vuole
portare.
E il tema sarà quello della regalità, della regalità sua che non è
da questo mondo, è in questo mondo. È una regalità che non usa la
violenza, è una regalità che invece usa la verità. E il modo di
concepire la regalità o il potere, che è la stessa cosa, dipende dal
modo che abbiamo di concepire Dio e l’uomo. Se Dio è il padrone
che tiene in mano tutto e tutti, l’uomo riuscito è quel padrone che
riesce a mettere le mani su tutto e su tutti, distruggendo tutto.

         Gv 18,33-38 

Domenica 14 Novembre 2021 – XXXIII del T.O.

Omelia di don Mario Testa >>>

Vangelo

Il Figlio dell’uomo radunerà i suoi eletti dai quattro venti.

Dal Vangelo secondo Marco
Mc 13,24-32

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«In quei giorni, dopo quella tribolazione,
il sole si oscurerà,
la luna non darà più la sua luce,
le stelle cadranno dal cielo
e le potenze che sono nei cieli saranno sconvolte.
Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire sulle nubi con grande potenza e gloria. Egli manderà gli angeli e radunerà i suoi eletti dai quattro venti, dall’estremità della terra fino all’estremità del cielo.
Dalla pianta di fico imparate la parabola: quando ormai il suo ramo diventa tenero e spuntano le foglie, sapete che l’estate è vicina. Così anche voi: quando vedrete accadere queste cose, sappiate che egli è vicino, è alle porte.
In verità io vi dico: non passerà questa generazione prima che tutto questo avvenga. Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno.
Quanto però a quel giorno o a quell’ora, nessuno lo sa, né gli angeli nel cielo né il Figlio, eccetto il Padre».


Ermes Maria Ronchi, su Avvenire: Dio è vicino alle porte. Viene come un abbraccio >>>

In quei giorni, il sole si oscurerà, la luna si spegnerà, le stelle cadranno dal cielo… L’universo è fragile nella sua grande bellezza, ma “quei giorni” sono questi giorni, questo mondo si oscura con le sue 35 guerre in corso, la terra si spegne avvelenata, sterminate carovane umane migrano attraverso mari e deserti… Ti sembra un mondo che affonda, che va alla deriva? Guarda meglio, guarda più a fondo: è un mondo che va alla rinascita.

Gesù ama la speranza, non la paura: dalla pianta di fico imparate: quando ormai il suo ramo diventa tenero e spuntano le foglie, sapete che l’estate è vicina. Gesù ci porta alla scuola delle piante, perché le leggi dello spirito e le leggi profonde della realtà coincidono. Ogni germoglio assicura che la vita vince sulla morte. …


Luciano Manicardi, monastero di Bose: Imparare dal creato >>>

Nello spazio spirituale l’attesa si declina anche come resistenza, ovvero come forza nelle tribolazioni e nelle avversità della storia, come lotta; come pazienza, cioè come capacità di vivere l’incompiutezza e l’inadeguatezza che riscontriamo nel quotidiano, in noi, negli altri, nella comunità, nella chiesa, pazienza che è anche capacità di soffrire e patire nel supportare gli altri, nell’attendere i loro tempi, nel perdonarli e nel lasciarsi perdonare; poi come perseveranza, cioè come rifiuto di apostatare, di abbandonare nei momenti bui, di rimanere incassando la testa fra le spalle nei momenti difficili, di dare durata al tempo della propria sequela, di reggere la dura prova del tempo che passa senza cadere nel cinismo o nella sfiducia o nella disperazione; poi ancora come fede che crede le cose invisibili come più salde e sicure di quelle visibili; e anche infine come speranza che intravede il futuro e consente di camminare nell’oggi, di reggere il peso dell’oggi. La speranza ha il suo effetto sul presente consentendo la vita oggi. Dice Paolo: “Sperare quel che non vediamo, significa attenderlo con costanza” (Rm 8,25). Per patientiam expectamus. L’attesa paziente diviene persino motivo di beatitudine secondo il libro di Daniele: “Beato chi attenderà con pazienza” (Dn 12,12). …


Gesuiti Villapizzone, Milano ( http://www.gesuiti-villapizzone.it/sito/lectio/vangeli.html

Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire nelle nubi

 

La fine del mondo non è la distruzione di tutto, ma l’incontro di
noi tutti con il Figlio dell’uomo. Egli è il Signore che perdona, lo
Sposo che ci ama, il Signore del sabato: è colui che si mette
nelle nostre mani e tutto ci dona, fino a dare la vita per noi

     Mc 13,24-27       

Domenica 7 Novembre 2021 – XXXII del T.O.

Omelia di don Mario Testa >>>

Vangelo

Questa vedova, così povera, ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri.

Dal Vangelo secondo Marco
Mc 12,38-44

In quel tempo, Gesù [nel tempio] diceva alla folla nel suo insegnamento: «Guardatevi dagli scribi, che amano passeggiare in lunghe vesti, ricevere saluti nelle piazze, avere i primi seggi nelle sinagoghe e i primi posti nei banchetti. Divorano le case delle vedove e pregano a lungo per farsi vedere. Essi riceveranno una condanna più severa».
Seduto di fronte al tesoro, osservava come la folla vi gettava monete. Tanti ricchi ne gettavano molte. Ma, venuta una vedova povera, vi gettò due monetine, che fanno un soldo.
Allora, chiamati a sé i suoi discepoli, disse loro: «In verità io vi dico: questa vedova, così povera, ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri. Tutti infatti hanno gettato parte del loro superfluo. Lei invece, nella sua miseria, vi ha gettato tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere».


Ermes Maria Ronchi, su Avvenire: La povera vedova vera maestra di generosità >>>

..Seduto nel locale delle offerte, Gesù osserva: il suo sguardo si è fatto penetrante e affilato come quello dei profeti, come chi ama e ha cura della vita in tutti i suoi dettagli. Vede un gesto da nulla in cui si cela il divino, vede l’assoluto balenare nel dettaglio di due centesimi. Lei ha gettato nel tesoro due spiccioli, ma ha dato più di tutti gli altri. Perché di più di tutti gli altri? Perché le bilance di Dio non sono quantitative, ma qualitative. Le sue bilance non pesano la quantità, ma il cuore. Quella donna non dà qualcosa del suo superfluo, getta tutto, si spende fino in fondo nella sua relazione con Dio, ci mette tutto quello che ha per vivere… …


Luciano Manicardi, monastero di Bose: La vera ricchezza   >>>

… Nei primi versetti del vangelo di oggi Gesù resta su questo tema ricordando ai suoi discepoli, e a noi con loro, che occorre scegliere tra Dio e la ricchezza, o meglio, occorre fare di Dio la nostra ricchezza piuttosto che della ricchezza il nostro dio, perché solo il Signore è il nostro unico bene, colui che può fare della nostra vita un capolavoro anche se povera di mezzi materiali, perché lui solo può dare senso e pienezza ai nostri giorni e ai nostri anni, plasmando in noi una sempre più grande capacità di amore e comunione.

Lo sappiamo bene: si possono possedere molte cose, avere molte ricchezze, ma se poi la nostra vita manca di senso, di gioia profonda, di relazioni che restano nel tempo, a cosa ci servono tutti quei beni o soldi che teniamo tanto stretti o che sperperiamo causando scandalo e ingiustizia verso i più poveri e bisognosi?

Il salmista lo esprime bene quando dice: “Non temere se l’uomo si arricchisce, se accresce il lusso nella sua casa, quando muore non porta nulla con sé, il suo lusso non scende con lui” e poco più avanti: “L’uomo nel benessere non comprende” (Sal 49,17-18.21).


Gesuiti Villapizzone, Milano ( http://www.gesuiti-villapizzone.it/sito/lectio/vangeli.html

Dalla sua miseria gettò quanto aveva, tutta intera la
sua vita

Sta parlando il Maestro, prima di morire, ai suoi discepoli che
devono imparare la lezione ultima; e dove la imparano? Da questa
donna. È il maestro del Nuovo Testamento questa donna. Perché?
Perché li avrete sempre con voi, me non mi avrete sempre, ma
questi sì, è lì che impariamo il Vangelo, son questi i nostri maestri
mica quelli che stanno nelle facoltà, nelle università, fan ridere
quando fan teologia, fa tenerezza o schifo, come volete, eppure son
cose serie; ma davanti a questi, i veri maestri di vita son questi mica
le nostre belle idee.

Come dire che Gesù sta aprendo gli occhi dei suoi discepoli –
ricordate l’ultimo segno che compie di Bartimeo – sta aprendo gli
occhi dei discepoli su questa realtà.

 

Lunedì 1 Novembre 2021 – TUTTI I SANTI – Solennità

Omelia di don Mario Testa >>>

Vangelo

Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli.

Dal Vangelo secondo Matteo
Mt 5,1-12a

In quel tempo, vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. Si mise a parlare e insegnava loro dicendo:
«Beati i poveri in spirito,
perché di essi è il regno dei cieli.
Beati quelli che sono nel pianto,
perché saranno consolati.
Beati i miti,
perché avranno in eredità la terra.
Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia,
perché saranno saziati.
Beati i misericordiosi,
perché troveranno misericordia.
Beati i puri di cuore,
perché vedranno Dio.
Beati gli operatori di pace,
perché saranno chiamati figli di Dio.
Beati i perseguitati per la giustizia,
perché di essi è il regno dei cieli.
Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli».


 

Domenica 31 ottobre 2021 – XXXI del T.O.

 

 

Vangelo

Amerai il Signore tuo Dio. Amerai il prossimo tuo.

Dal Vangelo secondo Marco
Mc 12,28b-34

In quel tempo, si avvicinò a Gesù uno degli scribi e gli domandò: «Qual è il primo di tutti i comandamenti?».
Gesù rispose: «Il primo è: “Ascolta, Israele! Il Signore nostro Dio è l’unico Signore; amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza”. Il secondo è questo: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”. Non c’è altro comandamento più grande di questi».
Lo scriba gli disse: «Hai detto bene, Maestro, e secondo verità, che Egli è unico e non vi è altri all’infuori di lui; amarlo con tutto il cuore, con tutta l’intelligenza e con tutta la forza e amare il prossimo come se stesso vale più di tutti gli olocausti e i sacrifici».
Vedendo che egli aveva risposto saggiamente, Gesù gli disse: «Non sei lontano dal regno di Dio». E nessuno aveva più il coraggio di interrogarlo.

Parola del Signore.


Ermes Maria Ronchi, su Avvenire: Amare è dare futuro al mondo >>>

Qual è, fra tutti, il più grande comandamento? Aiutaci a ritornare al semplice, al principio di tutto… Gesù lo fa, esce dagli schemi, risponde con una parola che tra i comandamenti non c’è. Che bella la libertà, l’intelligenza anti conformista di Gesù, lui l’icona limpidissima della libertà e dell’immaginazione.
La risposta comincia con un verbo: amerai, al futuro, a indicare una storia infinita, perché l’amore è il futuro del mondo, perché senza amore non c’è futuro: vi amerete, altrimenti vi distruggerete. E poi per vivere bene, perché la bilancia su cui si pesa la felicità di questa vita è dare e ricevere amore.. …


Luciano Manicardi, monastero di Bose: Dall’ascolto all’amore >>>

… Lo scriba interroga Gesù su quale sia il primo dei comandamenti. Questa domanda implica l’idea che all’interno dei molti comandi veterotestamentari vi sia una gerarchia, un ordine, un comando principale obbedendo al quale si obbedisce a tutta la volontà di Dio. C’è un’unità nella volontà di Dio, e dunque il rapporto con Dio è qualcosa di semplice. Gesù sintetizza la volontà di Dio nei comandi di amare Dio e il prossimo. E la sintetizza riprendendo i due comandi di Dt 6,5 e Lv 19,18. A differenza dei testi paralleli di Luca e Matteo, Marco conserva la formula di introduzione di Dt 6,4: “Ascolta, Israele”. L’ascolto è già movimento di amore in quanto ascoltando mi apro all’altro e ospito in me la sua presenza. L’ascolto fonda un legame, una relazione in cui io esco dal mio isolamento e vivo in relazione a un altro. Anzi, le parole dello Shemà Israel (Dt 6,4-5) riprese da Gesù (Mc 12,29-30) disegnano un movimento – sempre da rinnovarsi – che dall’ascolto (“Ascolta, Israele”) conduce alla conoscenza (“Il Signore è uno”) e dalla conoscenza all’amore (“Amerai il Signore”). È un esodo, un movimento di liberazione che scaturisce da Dio e dalla sua parola. …


Gesuiti Villapizzone, Milano ( http://www.gesuiti-villapizzone.it/sito/lectio/vangeli.html

Non sei lontano dal regno di Dio

Lo scriba è pienamente d’accordo con Gesù: amare Dio
totalmente e il prossimo come se stesso è già, qui sulla terra, il
seme di vita eterna. Gesù gli dice che non è lontano dal regno
di Dio: per entrare deve osare e interrogarlo sull’amore. Solo
così, dopo tre giorni, vedrà come Gesù in croce lo ama: allora,
sentendosi amato, saprà rispondere all’amore con amore.