Omelia don Mario Testa >>>
Vangelo
Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette.
Dal Vangelo secondo Matteo
Mt 18,21-35
In quel tempo, Pietro si avvicinò a Gesù e gli disse: «Signore, se il mio fratello commette colpe contro di me, quante volte dovrò perdonargli? Fino a sette volte?». E Gesù gli rispose: «Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette.
Per questo, il regno dei cieli è simile a un re che volle regolare i conti con i suoi servi. Aveva cominciato a regolare i conti, quando gli fu presentato un tale che gli doveva diecimila talenti. Poiché costui non era in grado di restituire, il padrone ordinò che fosse venduto lui con la moglie, i figli e quanto possedeva, e così saldasse il debito. Allora il servo, prostrato a terra, lo supplicava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa”. Il padrone ebbe compassione di quel servo, lo lasciò andare e gli condonò il debito.
Appena uscito, quel servo trovò uno dei suoi compagni, che gli doveva cento denari. Lo prese per il collo e lo soffocava, dicendo: “Restituisci quello che devi!”. Il suo compagno, prostrato a terra, lo pregava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò”. Ma egli non volle, andò e lo fece gettare in prigione, fino a che non avesse pagato il debito.
Visto quello che accadeva, i suoi compagni furono molto dispiaciuti e andarono a riferire al loro padrone tutto l’accaduto. Allora il padrone fece chiamare quell’uomo e gli disse: “Servo malvagio, io ti ho condonato tutto quel debito perché tu mi hai pregato. Non dovevi anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te?”. Sdegnato, il padrone lo diede in mano agli aguzzini, finché non avesse restituito tutto il dovuto. Così anche il Padre mio celeste farà con voi se non perdonerete di cuore, ciascuno al proprio fratello».
Parola del Signore.
Ermes Maria Ronchi, su Avvenire: Perdonare l’altro, perché perdonati dal Padre >>>
… «Così anche il Padre mio celeste farà̀ con voi se non perdonerete di cuore, ciascuno al proprio fratello». Bellissimo questo stupore per l’illogico perdono: fino a settanta volte sette. Dio che rompe i nostri bilancini, che rimette i debiti sempre, che libera non come uno smemorato che dimentica il male, ma con la casta follia della croce che si prende gioco della logica e degli equilibri umani e anche delle mie morti quotidiane. Lui è l’Innamorato che vede primavere dentro i miei inverni. Il servo, appena uscito, appena visto quanto sia grande un cuore di re, appena liberato, preso il suo compagno per il collo lo strangolava: ridammi i miei centesimi! Lui, perdonato di milioni. Quel servo non è ingiusto, è senza cuore. Tecnicamente non è disonesto, è crudele. Davvero è possibile essere onesti e spietati. Non dovevi anche tu aver pietà? Non dovevi anche tu agire come agisco io? Tu come me, io come Dio, la creatura come il creatore… Chiave di volta di tutta la morale biblica. Perché avere pietà? Semplice: per un battito all’unisono con il battito di Dio. . ….
Luciano Manicardi, Monastero di Bose: Un perdono paradossale >>>
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Tuttavia la pagina evangelica afferma che anche questa vicinanza può non bastare per convertire il cuore umano. Il servo a cui è stato condonato il debito inestinguibile (diecimila talenti è cifra iperbolica, astronomica, assolutamente impossibile a essere ripagata) non vede se stesso come un graziato e non vede nel conservo (sýndoulos: Mt 18,28.29.33; dunque uno che condivide il suo status e da cui non è separato dalla distanza sociale e di rango che distanziano lui dal re e padrone) uno che si trova nella sua stessa condizione di debitore e così non applica la misura di condono di cui lui stesso ha beneficiato. E il suo compagno di servitù gli è debitore di una cifra risibile. Non lo vede come suo prossimo, non lo vede come un altro se stesso, e si rende sordo alla sua supplica, in tutto simile a quella pronunciata da lui davanti al re (Mt 18,26.29). Non lo vede e non lo ascolta: si rifiuta di farlo. Inoltre il testo sottolinea la violenza del servo spietato che lo afferra con forza e lo soffoca (tenens suffocabat). La sproporzione tra il comportamento del re e quello del servo spietato sottolinea che quest’ultimo unisce nel suo comportamento cattiveria e stupidità. Che è la trascrizione in termini quotidiani della distinzione teologica tra peccati deliberati e peccati per ignoranza. Non è forse anche stupido il servo che, dopo essersi visto condonare un debito immenso, si mostra senza pietà nei confronti dell’uomo che gli doveva una cifra infinitamente inferiore? Spesso il peccato è il frutto della congiunzione di cattiveria e stupidità, di malvagità e ignoranza. O anche: spesso il peccatore, tanto è pericoloso, tanto è ridicolo.
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Gesuiti Vilpizzone, Milano ( http://www.gesuiti-villapizzone.it/sito/lectio/vangeli.html)
Il Perdono
Il perdono è il centro della vita cristiana e il discorso sul
perdono che vedremo questa sera chiude il capitolo sulla comunità.
Proprio come nei fuochi di artificio il finale è il grande botto, così il
perdono è il finale del discorso sulla comunità e in fondo tutto il
resto è contenuto nel perdono. La comunità perfetta non è dove non si sbaglia.
È bruttissimo dove non si può sbagliare, ti tagliano
subito la testa prima di sbagliare e non respiri per paura di sbagliare.
La comunità buona, la comunità familiare, di amici, la comunità
religiosa, la comunità parrocchiale, la comunità è buona non dove
non si sbaglia, ma dove si può sbagliare, sapendo di essere
perdonati.
Mt. 18, 21-35